ANGELI IN ABITO DA SERA
Qualche anno fa’ un amico mi disse: “A novembre ci sarà una festa anni ’40, mi raccomando sei invitata”………. Mi assalì un terribile dubbio: cosa si indossava negli anni ’40? Così iniziò il mio interesse per la moda di questo periodo e di conseguenza una lunga ricerca che non avrà mai fine. Sono una collezionista di abiti ed accessori riguardanti il periodo 1940/50 e sono la responsabile della sezione femminile civile “The Angels in evening gown” all’interno del Gruppo Storico 2194. Il viaggio affascinante che ho iniziato da poco tempo mi porta a riscoprire storie meravigliose a volte tristi ma cariche di emozioni, perché il conoscere ed il sapere di quell’epoca non lo si apprende solo dai libri ma sopratutto dai racconti delle persone che hanno vissuto momenti tragici, quelli della guerra, quando alla moda purtroppo si doveva dare spazio alla sopravvivenza, ma anche ai tempi della rinascita, gli anni “50, quando finalmente si riusciva ad intravedere il momento della ricostruzione. Le persone che hanno vissuto quel periodo e le persone che hanno voglia di raccontarmi delle loro mamme e delle loro nonne sono le fonti migliori delle mie modeste conoscenze.
Maria Grazia Marinucci
RICERCA STORICA …anche nel civile.
Da qualche anno partecipo a raduni nazionali ed internazionali, ed essendo una collezionista di abiti civili del periodo, quando ho l’occasione, indosso durante le sfilate abiti da giorno e durante le serate di gala abiti lunghi con accessori sia in un caso sia nell altro rigorosamente del periodo. Proprio partecipando a tali eventi nasce una riflessione: purtroppo negli anni ho notato che le donne che indossano abiti civili sono sempre meno e soprattutto, in molte occasioni, non vi è traccia di ricerca storica, quindi il risultato è che indossare un abito a pois non vuol dire essere vestite in modo adeguato rispetto al periodo. Mi sembra | purtroppo una grossa perdita culturale oltre che una mancanza di buon gusto e di rispetto per chi ha partecipato e vissuto tali eventi di persona oltre
che per le sfilate sui mezzi storici. Purtroppo, la situazione è più pesante in Italia, mentre all’estero le signore che amano vestire in stile sono molto più numerose e perfezioniste nella ricerca storica.
Vorrei invitare le signore appassionate del periodo e dei raduni a riflettere perché è ancora una delle poche occasioni per vestire con un certo stile, femminilità, eleganza e gran classe quali erano le donne di quel decennio.
Maria Grazia Marinucci
Abiti
Accessori
Pettinature
Cappelli
Un po’ di storia
LA MODA DEGLI ANNI “40
Durante la seconda guerra mondiale i tessuti e le materie prime cominciano a scarseggiare. Bisogna arrangiarsi.Permettersi una messa in piega non è più possibile: vanno di moda i turbanti. Durante la guerra la moda è limitata,le riviste suggeriscono di riadattare i capi vecchi. Si tagliano le gonne per farci vestiti da bimbo e sciarpe, si tingono gli abiti da sposa per farci abiti da sera. Si diffonde la campagna propagandistica : “Make-donad Mand” (adattare e riparare). C’è poca stoffa. Solo tacchi bassi. Bisogna limitare il consumo. Le taglie vengono standardizzate. Non ci sono più materiali come la seta e il nylon, perciò le donne usano calze di cotone. Alcuni rimedi estetici sono dipingersi con l’inchiostro una linea nera sulle gambe affinché assomigli a quella del rigo delle calze di nylon, o pizzicarsi le guance per avere l’effetto del phard.
L’ETA’ D’ORO DELLA BIGIOTTERIA AMERICANA
Il grande boom della bigiotteria avviene nel periodo della grande depressione del 1929 – 1939.Con la scomparsa dei prodotti di lusso legata alle ristrettezze economiche e ai vincoli commerciali, la sperimentazione con materiali non preziosi diventa l’unica via di sopravvivenza per i gioiellieri. Nonostante l’utilizzo di pietre e leghe di modesta qualità, le forme meravigliose e anticipatrici di tante tendenze di questi gioielli sono il segno evidente delle straordinarie capacità creative dei designer dell’epoca. Anche le dive del cinema come Greta Garbo, Marlene Dietrich, Bette Davis, Vivien Leigh li indossano sui loro abiti di scena. I biyoux hanno finiture accurate e design sbalorditivi. I colori, le forme e gli innumerevoli soggetti da giorno e da sera piacciono immensamente, tanto che, anche quando finisce la guerra e ritornano in auge i gioielli veri la bigiotteria continua ad essere realizzata. Gli anni che vanno dal ’40 al ’60 sono considerati l’età d’oro della bigiotteria americana. giustificano questa definizione non soltanto la crescente domanda di biyoux di quegli anni, ma sopratutto la loro eccezionale bellezza e perfezione. L’utilizzo di materiali poveri e di modesto prezzo per la realizzazione di tutti i gioielli fu imposto dalla crisi economica conseguente la seconda guerra mondiale, ma presto diventò una moda e conquistò un mercato imponente.
Curiosità
Otto Marzo
L’8 marzo ha radici lontane. Nasce dal movimento internazionale socialista delle donne. Era il 1907: Clara Zetkin ( che nella prima guerra mondiale fondò la Lega di Spartaco) dirigente del movimento operaio tedesco organizza con Rosa Luxemburg ( teorica della rivoluzione marxista che fondo il partito socialista polacco e il partito comunista tedesco ) la prima conferenza internazionale della donna. Ma la data simbolo è legata all’incendio divampato in un opificio di Chicago, nel 1908 occupato nel corso di uno sciopero da 129 operaie tessili che morirono bruciate vive. Nel 1910 a Copenaghen, in occasione di un nuovo incontro internazionale della donna si propone l’istituzione di una GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA, anche in ricordo dei fatti di Chicago. Successivamente la giornata comincia ad essere celebrata in varie parti del mondo e anche in Italia durante e dopo la prima guerra mondiale (1914/18 ).
La tradizione, nel nostro Paese, viene interrotta, nel 1943, dal fascismo. La celebrazione riprende durante la lotta di liberazione nazionale come giornata di mobilitazione delle donne contro la guerra, l’occupazione tedesca e per le rivendicazioni dei diritti femminili.
Nascono i gruppi di difesa della donna collegati al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) che daranno origine all’UDI (Unione Donne Italiane). Nel 1946 l’ UDI prepara il primo 8 marzo nell’Italia libera, proponendo di farne una giornata per il riconoscimento dei diritti sociali e politici delle donne.
Sceglie la mimosa come simbolo della giornata. In conclusione possiamo dire che il percorso dell’8 marzo si snoda in quasi un secolo di storia che ha visto nascere movimenti politici, guerre, ideologie, ricostruzioni. Un cammino lungo e complesso per le donne di tanti paesi, con tanti sistemi di governo, più volte interrotto, ma che con grande tenacia hanno sempre ripreso con l’obiettivo dell’emancipazione e della liberazione delle donne.
DIRITTO DI VOTO: il 2 giugno 1946 l’Italia va alle urne per il referendum istituzionale. Per la prima volta il voto viene esteso alle donne.
NEL 1947 viene eletta la prima donna Ministro della Francia: Madame Poins-Chapuis, che assumerà il
dicastero della Sanità Pubblica. Nel 1945 le francesi avevano ottenuto finalmente di andare a votare NEL 1950 viene emanata la prima legge che garantisce la conservazione del posto di lavoro per la lavoratrice madre.
Le PIN UP
La Pin-Up, diversamente da quello che molti potrebbero pensare, non nasce in America, anche se a tutti gli effetti fu la più grande promotrice di questo fenomeno. In realtà la pin-up nasce in Francia alla fine dell’800, dove cominciano ad apparire le prime riviste, rivolte ad un pubblico medio, con in copertina rappresentazioni femminili in abiti spesso succinti.
Con lo scoppio della prima Guerra Mondiale questo tipo di immagini arrivano in America ed iniziano a comparire le prime Pin-Up.
Esse nascono con lo scopo di “sollazzare” gli occhi e i sensi dei soldati americani in guerra cosicché l’esercito americano le considera da subito utili al morale delle sue truppe. Il massimo sviluppo e la massima “produzione” di Pin-Up si ha però con l’avvento della seconda Guerra Mondiale, quando molte fra le più belle Pin-Up vengono pubblicate da “Yank”, il settimanale dell’esercito americano.
Durante il secondo Grande Conflitto prende vita una nuova arte: quella che noi consociamo come “Nose Art”, e molte Pin-Up iniziano ad apparire disegnate sui mezzi militari americani, e in modo particolare sui bombardieri che le usavano come mascotte ( per citare uno fra i più famosi bombardieri,il B-17 “Memphis Belle”). Le immagini dipinte sui vari mezzi militari erano imitazioni di illustrazioni di autorevoli nomi del settore come Alberto Vargas, Gil Elvgren, All Buell, Rolf Armstrong, ect.
Con la fine della guerra sembra che anche l’epoca delle Pin-Up deve finire, ma al loro “congedo” dal fronte, rientrano in patria e vengono assoldate dalla pubblicità che le sfrutta al fine di vendere i prodotti più diversi e con particolare attenzione per tutti quei prodotti rivolti al mondo maschile. Il tempo passa, la società si fa più trasgressiva, la censura è più permissiva e di conseguenza le ragazze si fanno più trasgressive; tanto che la vera Pin-Up si fa da parte per lasciare spazio ad immagini femminili meno ingenue e più sexy che la soppiantano definitivamente. La “vera” Pin-Up, però, rimane quella immagine di donna che sa mantenere il difficile equilibrio fra erotismo, buon gusto e discrezione.
La storia della pin up (letteralmente significa “appendere su”, “appendere con spillo”) nasce in Francia dove, alla fine dell’ottocento, cominciarono ad apparire le prime copertine dedicate a rappresentazioni femminili in abiti succinti. Nei primi anni del ventesimo secolo, queste immagini arrivarono anche al di là dell’Oceano e con lo scoppio della prima Guerra Mondiale in America cominciano a comparire le prime donne pin up.
L’esercito americano considerò da subito la pin up utile al morale delle sue truppe e decise così di spedirle al fronte. Il massimo sviluppo e la massima “produzione” di Pin Up si ha però con l’avvento della seconda Guerra Mondiale, quando molte fra le più belle Pin Up furono pubblicate da “Yank”, il settimanale dell’esercito, ovviamente americano: in questo periodo prese vita una nuova arte, la “Nose Art” che vide la rappresentazione di donne sensuali sui mezzi militari americani, in modo particolare sui bombardieri che le usavano come mascotte (ricordiamo il famosissimo B-17 “Memphis Belle”).
Con la fine della guerra sembrava che il fenomeno pin up dovesse via via scomparire, ma al loro rientro in patria vennero subito assoldate dal mondo pubblicitario maschile. Con il passare degli anni e l’ammorbidirsi della censura, le ragazze si fecero più trasgressive trasformandosi in immagini femminili meno ingenue e più sexy che soppianteranno velocemente le prime pin up.
Per potersi definire pin up, la ragazza doveva possedere caratteristiche fondamentali: la più importante è la postura, che doveva mettere in evidenza le curve sinuose ed essere affiancata da un’espressione del volto ingenua, sorridente ma allo stesso tempo accattivante; la pin up doveva essere incantatrice ma anche scherzosa e birichina con il suo osservatore. L’abbigliamento inoltre giocava un ruolo fondamentale nel suo “vedo-non vedo”: la pin up non doveva mostrare troppo, bensì il gioco consisteva nel coprire in modo sapiente i punti “proibiti”. Iniziarono così a spopolare corpetti con una spallina cadente, lunghe gonne a pieghe sollevate da un forte vento e trasparenti baby-doll.
Non è detto che la pin up sia sempre sola, può essere accompagnata anche da figure maschili, da animali (cagnolini al guinzaglio, uccellini, gattini) o auto d’epoca, sempre restando però la protagonista indiscussa di tutta la scena. Questi sono gli ingredienti che, uniti ad un cocktail di colori ed un bel pizzico di innocente malizia, contribuiscono a creare un’immagine di sicuro effetto. La “vera” pin up è rappresentata nell’immagine di donna che sa ben gestire il difficile equilibrio fra erotismo, buon gusto e discrezione.
Con il cinema e il varietà, e soprattutto con la grande stagione dei musical, le pin up degli anni 40 avevano mostrato le gambe e gli ombelichi. Ma la vera svolta arrivò con i primi anni Cinquanta: nel 1953 negli Stati Uniti nacque la rivista Playboy, fondata da Hugh Hefner ed il cui primo numero ospitava per 50 centesimi la giovane e sconosciuta Marilyn Monroe. Da allora tutte le dive americane hanno aspirato a un posto d’onore su quelle pagine. Tra i nomi più importanti che apparvero sulla rivista non bisogna scordare i due maggiori collaboratori, Alberto Vargas e Rolf Armstrong che riuscirono a ritrarre sapientemente donne bellissime regalandoci un mito senza tempo arrivato fino ad oggi.
E’ proprio grazie ai loro ritratti se sessant’anni dopo possiamo ricordare quegli anni come un periodo di forte cambiamento, nel ruolo della donna così come all’interno del mondo della moda, un periodo fertile e ricco di novità che ancora oggi vengono spiate e riprese come importanti spunti. La pin up non è mai passata di moda e diversi designer amano oggi riproporre sue caratteristiche in creazioni attuali: è il caso della designer emergente Chiara Salvioli che ha dato vita ad un brand, “Pommes de Claire”, dolcemente nostalgico degli anni cinquanta.
Chiara ama definire lo stile Pommes “decadente”, quasi senza tempo e un po’ “francese” grazie a quel tocco glam e raffinato che si riconosce sempre nei suoi modelli. E’ innegabile la ricerca del dettaglio, la voglia di rendere sempre più bella una donna vera con le forme, regalandole quell’aura di tiepida sensualità oggi come allora e questa tendenza dà ossigeno fresco alla speranza di tornare a vedere sulle passerelle donne comuni contro l’eccesso di magrezza che ha albergato le nostre passerelle, tra critiche ed applausi, dall’avvento del fenomeno Twiggy.
A cura di Silvia Bertolini.